330 GT Registry

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Purosangue / Le consegne iniziano in questi giorni, gli ordini coprono la produzione sino alla fine del 1994. Il successo della nuova Ferrari 456 GT dimostra che per queste quattro posti la clientela esiste sempre. Come negli anno 60, quando la 330 GT era dai grandi stradisti
DYNASTY

Quasi 30 anni separano la Ferrari 456 GT (a sinistra) dalla 30 GT 2+2 che appare sulla destra. Ambedue sono dotate di un rigoroso V12 anteriore; ma la nuova vettura di Maranello offre in più comfort e sicurezza degli anni 90. Per i viaggi e'é il consueto set di valigie in cuoio realizzato su misura da Mauro Schedoni (Modena).

 

Una Ferrari è ferma al semaforo. Non una qualsiasi (ma ne esistono?): si tratta di una 456 Ci, la più recente e desiderata tra le vetture di Maranello. Eppure la signora che attraversa sulle strisce le dedica un sorriso distratto solo per ringraziare della precedenza accordata. E la prova definitiva che Pininfarina ha disegnato una supercar perfetta per gli anni 90, creando una linea tanto attraente per gli appassionati quanto discreta agli occhi del resto del mondo. La vettura giusta per i ferraristi da tempo in attesa della nuova 2+2: lo dimostra il fatto che l'intera produzione prevista per il 1993 e il ‘94 sia già stata prenotata, con tanto di anticipi versati, in assoluta controtendenza rispetto al resto del mercato, e di quello delle supercar in particolare. Chi sceglie una 2+2 è un grande viaggiatore, che dalla propria vettura richiede prestazioni e comfort, personalità ed eleganza. Trent'anni fa avrebbe acquistato un'altra Ferrari: una 330 GT 2+2. Come quella che, assieme alla nuova 456, AutoCapital ha affidato ad Andrea Garbarino, gentleman driver e amministratore delegato di una società milanese specializzata in comunicazione d'impresa. Ecco le sue impressioni.

A sinistra, la Ferrari 456 GT e i suoi particolari. Anche se la casa e la stessa Pininfarina dichiarano il contrario, il richiamo alla 365 Daytona (tra la più belle Ferrari di tutti i tempo è innegabile.

 

 

La 330 GT 2+2 è una tipica Pininfarina degli anni 60: si osservino soprattutto il frontale, la coda e il padiglione. Quest'ultimo in particolare dissimula la presenza del divano posteriore: Enzo Ferrari non lo voleva.

Faccia un passo avanti chi non ha mai provato l'irrefrenabile bisogno di scendere nel box a rimirarsi l'auto appena acquistata, pochi minuti dopo averla parcheggiata.

Ora che nessuno si è mosso, immaginate la stessa scena con una delle più belle Ferrari pro dotte negli ultimi vent'anni. Immaginate di arrivare nella vostra casa di campagna, fermare la 456 poco oltre il cancello, e varcare la soglia mentre alle vostre spalle, nel silenzio della notte, il 12 cilindri da 5.472 cc sfrigola e crepita di piacere per il meritato riposo che lo attende. Quanto tempo, secondo voi, si può resistere tra le antiche mura, presi da banali occupazioni come cenare, ascoltare il bollettino domestico su figli inquieti, baby sitter linfatiche ed esosi giardinieri, mentre fuori una belva da 450 cavalli sta facendo stretching con le fasce elastiche?

In realtà, a richiamarmi quasi subito fuori casa non è solo la curiosità per ciò che è nuovo, o il puro piacere di riempirsi gli occhi con un simile prodigio estetico. La verità è che la 456 regala emozioni uniche ma, sulle prime, difficili da decifrare. E richiede, per essere capita, frequenti contatti ravvicinati.

Per esempio, la linea. Vista dal vero, la nuova 2+2 di Maranello è molto più imponente di quanto appaia in fotografia. La coda è la parte più riuscita, con quell'aria latina e sensuale di Daytona per bene, i quattro terminali di scarico che affiorano appena dal fascione, gli specchietti laterali pronti per essere smontati e inviati al Moma di New York. il frontale, invece, in un primo momento sembra concedere troppo alla moda statunitense e giapponese.

Poi uno si siede sui talloni, giusto di fronte al muso, e scopre con un brivido nella schiena che nel sorriso della griglia, dipinto sotto lo spiovente netto del cofano, si ritrovano i segni cromosomici una lontana paternità, quella di un'al centro tra storica 2+2 del cavallino, la 330 GT monofaro, con la quale AutoCapital ha voluto confrontare la 456.

L'abitacolo della 456 GT è tra i più spaziosi della categoria, in ampiezza e anche in altezza: persino chi viaggia dietro riesce a sistemare le gambe in maniera accettabile. La strumentazione è quasi perfetta: peccato che gli strumenti secondari, al centro della plancia, non siano orientati verso il pilota.

 

 

 

 

Anche la 330 GT 2+2 non scherza, quanto a spaziosità e comfort: i sedili anteriori in particolare sono molto comodi, anche se al profilatura non e quella delle sportive odierne. Le bandierine incrociate di Ferrari e Pininfarina, sul tunnel centrale di questa vettura, sono state riprese dopo molti anni nella nuova 456 della pagina accanto.

Anche il comportamento stradale richiede pazienza e metodo per essere decrittato. All'inizio sembra di montare in sella a un cavallo da concorso perfettamente addestrato da ore di maneggio, capace di superare una doppia gabbia con una semplice pressione delle gambe. Il motore è infatti un prodigio di elasticità, la progressione è costante e non brutale. In sesta a 1.200 giri e 60 all'ora la 456 riprende senza un fremito fino a fondo scala del tachimetro (320 km/h). Anche l'assetto sembra pensato sulla base di un manuale di buone maniere, e regala inserimenti millimetrici anche nelle curve più difficili.

Nella nuova 2+2 di Maranello il motore quasi non si sente (da dentro) e permette di conversare senza alzare la voce anche attorno ai 5.000 giri. Unica emozione, come sulla 330, la messa in moto, preceduta da sibili e vortici da Spitfire in avviamento, cui segue il brontolio di un lontano temporale (sul cruscotto, intanto, due spie arancioni segnalano che tutto è OK sulle due bancate: “check engine 1-6” e “check engine 7-12”: impagabile!).

In città la 456 si guida con due dita, comodamente assisi su sedili regolabili elettricamente anche in altezza. La frizione è una frizione e non un attrezzo ginnico per podisti; la pedaliera, come sulla 330, è correttamente allineata a un volante della giusta misura. I comandi sono a portata di mano, il cambio, nobilitato dal mitico pomello tondo in allumino, è esattamente dove deve essere, le marce entrano lisce nelle griglie del selettore con il clac che facevano i vecchi Mab quando si giocava con l'otturatore. Ai semafori il minimo è quello giusto: nulla scalda, tutto funziona come in uno spot pubblicitario. Ho sperato, lo confesso, che la 456 non fosse così perfetta. Forse volevo ritrovare in lei qualche altro tratto della 330: anch'essa nata per essere una grande viaggiatrice, dotata di interni sontuosi, larghi sofà in pelle morbida davanti, due yen posti dietro e un 12 cilindri infaticabile per 300 generosi cavalli ma, rispetto alla nipote, molto più sonora e cattiva, capricciosa nei curvoni e nelle frenate al limite, cambio su torretta preciso solo con chi lo conosce, il grosso Nardi a tre razze da maltrattare nei tornanti, frizione poderosa quanto la sua voce sopra i 5.500 giri.




L'esterno tutto sommato è tradizionale, nella plancia qualche comando mostra la modernità di progetto: ma è sotto al cofano che La 456 GT rivela la sua natura di auto degli anni 90, con l'elettronica presente in maniera massiccia.

 

 

Come la 456, anche la 330 GT in questa pagina tradisce la propria età soprattutto sotto al cofano: peccato che il grande filtro dell'aria copra parzialmente la splendida V formata dalle bancate, con i coperchi delle valvole dipinti in nero grintoso.





 

Così ho deciso di chiedere qualcosa di pii alla 456, di rintracciare qualche segno del passato in questo concentrato di tecnologia avanzata con tanto di due alberi a camme per ogni bancata, 48 valvole, 12 iniettori, ammortizzatori a controllo elettronico (regolabili su tre gradi di rigidità), sistema autolivellante, dischi (ipertrofici) autoventilanti, Abs, un Cx da concept car. Insomma, speravo che, provocandola, la 456 si sarebbe tolta giacca e cravatta per accettare la rissa.

E fu così che la Sfinge rivelò nuovi segreti. Tirata fin sotto la linea rossa dei 7.200 giri, la 456 sfodera una voce molto personale, che penetra nell'abitacolo come quella di un tenore che abbia fumato 20 Gitanes al giorno per un mese. Si scopre che è possibile intraversarla con un avvincente sovrasterzo di potenza, caldamente sconsigliabile però fin quando non si riesce a capire bene il dosaggio dell'acceleratore.

Alle alte velocità i freni, che sembravano un po' spugnosi, diventano quelli di una Formula uno. In autostrada, rinunciando alla naturale elasticità del motore e scalando per riprendere dopo aver sfiorato il sedere del solito zurighese in libera uscita sulla corsia di sorpasso, in accelerazione il muso punta finalmente verso l'alto, la spinta si fa sentire dai 4.800 giri e sembra non finire mai.

Piove, rallento e inserisco l'assetto Hard. Terza-quarta-quinta: a 260 di tachimetro non avverto ancora il bisogno della sesta. Il tergicristallo (a due sole velocità) continua imperterrito a spazzare il grande parabrezza, ma una cadenza più veloce sarebbe preferibile. Nuova frenata secca dietro a un camion, l'Abs si fa sentire appena, scalo quinta-terza-seconda in modo un po'laborioso in mezzo alle griglie, punta-tacco acrobatico a causa dell'acceleratore che, sull'esemplare di preserie provato, è troppo esile, decelerazione che mi spinge sulle cinture, Il muso punta in basso ma non devia di un centimetro. Il camion Si scansa e, sempre in seconda, giù tutto come dopo la seconda di Lesmo; a 110 i pneumatici da 285/40 pattinano disperatamente sul bagnato, si innescano lievi scodate a pendolo controllabili con uno sterzo da favola, 6.500 giri, terza e giù tutto di nuovo: i grossi Pirelli (ormai ridotti a slick da 9.000 chilometri di test) pattinano ancora a 180 all'ora, quarta-quinta-sesta e il tachimetro sfiora i 300 all'ora.

Mentre dalla Germania rientro alla base al piccolo trotto, inseguito dagli sguardi attoniti dei tedeschi in Porsche e Bmw M5, penso che sono passati quasi 30 anni dall'uscita della prima 330 GT 2+2 (la bifaro è del 1964). Una GT che l'euforia del boom salutò (con mule esemplari venduti) come la vera granturismo all'italiana, per i riti del “casello-casello” con famiglia o delle scarrozzate tra amici già maturi, aperitivo a Santa Margherita, caccia signorile alle turiste sul lungomare di Rapallo e ritorno a Milano nel cuore della notte: un gradino più su dell'Aurelia de Il sorpasso (1963) o forse tutta un'altra cosa.

La 456 non può restituirci il clima di quegli anni, le autostrade semideserte e la benzina a 120 lire. Ma offre, per una cifra intorno ai 320 milioni, un piacere pin complesso: fatto di un unico privilegio, raro e assoluto, e di risposte modulate a tutte le domande che la Sfinge di Maranello è disposta ad accettare da noi.

Andrea Garbarino

Le altre 2+2 di Maranello

250 GTE(1960)

330 GT 2+2 (1964)

Secondo Enzo Ferrari, una vera granturismo doveva avere solo due posti. E così, quando nel 1959 un cliente importante chiese una Ferrari con due posti in più, il Commendatore inorridito da una simile richiesta si mise quasi a urlare: “Le auto a quattro posti le facciano pure gli altri, sulle nostre ci deve essere solo il guidatore, con a fianco al massimo una bella donna!”.

L'artigiano maestro carrozziere Sergio Scaglietti ricorda che a Maranello, a quei tempi, le urla erano un fatto quotidiano e chi urlava più forte aveva sempre ragione. Ma poi il Vecchio si convinse e quando fu terminato il primo esemplare dell'auto a quattro posti, fu lui stesso a suggerire di chiamarla 2+2. Per la Casa di Maranello, che lavorava in stretta collaborazione con la Pininfarina, quella di una granturismo a quattro posti era una strada decisamente nuova. Solo in qualche caso, a richiesta del cliente, era stato montato un divanetto posteriore di fortuna. Grande fu dunque in sorpresa quando la nuova 2+2 fece la sua prima apparizione in pubblico, in occasione della 24 Ore di Le Mans, il 25 giugno 1960.

Si trattava del terzo esemplare prodotto, affidato al direttore di corsa Jacques Loste con funzioni di apripista. Per creare lo spazio necessario ai due posti posteriori, i tecnici avevano montato il motore 12 cilindri da tre litri in posizione più avanzata di 20 centimetri rispetto alle due posti. La 250 GTE (questo era il suo nome) ottenne un buon successo commerciale: ne vennero prodotti e venduti ben 999 esemplari tra il 1960 e il 1963. La cosa più divertente è che la 250 GT 2+2, in un primo momento duramente criticata, divenne l'auto guidata abitualmente dal Drake: la usava per i veloci spostamenti, con la moglie al suo fianco e l'aütista Peppino seduto dietro.

Risultato: a Maranello negli anni seguenti sarebbero nate altre 2+2. Nel 1964 al Salone di Bruxelles venne presentata la 330 GT 2+2 con motore di quattro litri e il telaio ancora più allungato per guadagnare ulteriore spazio per i due posti posteriori.

Poi nel 1968 la 330 (prodotta in 1.085 esemplari) fu sostituita dalla 365 GT 2+2: il passo rimase invariato, ma vennero introdotte le sospensioni indipendenti, il correttore d'assetto oleopneumatico, il servosterzo e il motore passo a 4.400 cc. La produzione della 365 proseguì fino al 1971, con 801 esemplari, senza alcun cambiamento importante a parte l'adozione di cerchi simili nel disegno stellare a quelli della 365 Daytona.

365 GT4 2+2

412 2+2 (1985)

Nell'ottobre 1972 il modello venne sostituito dalla 365 GT4 2+2. La produzione di questa vettura (524 esemplari) durò fino al 1976, quando al Salone di Parigi 1976 arrivò la 400 2+2 in due versioni, GT e Automatic; quest'ultima era una grande novità per la casa di Maranello, che per la prima volta offriva la trasmissione automatica. La 400 dai 1980 venne dotata di alimentazione a iniezione Bosch, diventando 400i; e usci di produzione nel 1984, dopo 1.795 esemplari prodotti, per fare posto alla 412i GT 2+2, presentata at Salone di Ginevra 1985, nella quale la cilindrata del classico dodici a V passò da 4.823 a 4.942 cc. La produzione della 412 terminò definitivamente nel 1990 dopo aver costruito in cinque anni solamente 576 vetture, Fra i clienti abituali delle 2+2 di Maranello vengono ricordati tre campioni del Mon-do di Formula 1: John Surtees, Niki Lauda e Jody Scheckter. Ma non sono gli unici, tra i piloti. Quando nacque Alice, la prima figlia di Nadia e Michele Alboreto, Enzo Ferrari regalo una 412 2+2 al pilota con un biglietto firmato con l'inchiostro violetto: “Adesso che la famiglia è aumentata di numero, è arrivato il momento di usare una 2+2”. Dopo 20 anni, si era proprio convinto.

Franco Varisco

456 GT — La scheda tecnica

330 GT 2+2 — La scheda tecnica

Motore: anteriore longitudinale, 12 cilindri V di 65°; cilindrata 5.474 cc; potenza max 442 Cv a 6.250 giri/min; coppia max 56 kgm ci 4.500 giri/min. Distribuzione bialbero in testa, 4 valvole per cilindro. Alimentazione a iniezione elettronica multipoint.

Trasmissione: trazione posteriore; cambio a 6 marce + Rm.

Pneumatici: ant. 255/45 ZR17, post. 285/40 ZR17.

Corpo vettura: coupé 2 porte, 4 posti. Telaio in tubi d'acciaio, carrozzeria in alluminio e compositi. Sospensioni a ruote indipendenti, con ammortizzatori regolabili elettroni-camente, Sterzo a cremagliera con servo. reni a disco ventilati con servo e Abs.

Dimensioni (m): 4,73/1,92/1,30. Peso: 1.690 kg. Diametro di sterzata 12 metri.

Capacità bagagliaio: 250 dmc.

Capacità serbatoio carburante: 110 litri.

Prestazioni: velocità max 300 km/h; accelerazione 0-100 km/h in 5,6 secondi; consumo medio 6,7 km/litro.

Prezzo indicativo: 320 milioni di lire. Consegne do luglio 1993.

Motore: anteriore longitudinale, 12 cilindri ci V di 60°; cilindrato 3.967 cc; potenza max 300 Cv a 6.600 giri/min. Distribuzione monoalbero in testo per bancata.

Alimentazione: 3 carburatori Weber doppio corpo invertiti.

Trasmissione: trazione posteriore; cambio ci 4 marce + overdrive (elettrico) e Rm; frizione monodisco a secco. Pneumatici 205 x 15.

Corpo vettura: coupé 2 porte, 2+2 posti. Telaio a piattaforma in tubi d'acciaio.

Sospensioni: anteriori a ruote indipendenti, posteriori ponte rigido. Sterzo a vite senza fine, Freni ci disco Dunlop con doppio servo.

Dimensioni: passo: 2,65 m; carreggiata ant. 1,40 m, post. 1,39 m.

Peso a vuoto: 1.380 kg.

Capacità serbatoio carburante: 90 litri.

Prestazioni: velocità max 245 km/h; consumo medio 5 km/litro.

Valore attuale: max 110 milioni di lire.

© 1993 R.C.S. Rizzoli Periodici S.p.A.

AutoCapital 7/93