330 GT Registry

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Circuito di Le Mans, 1962. In una giornata soffocante, circa 250 mila spettatori assistono alla trentesima edizione della 24 Ore e al successo della Ferrari “330 TR/LM” condotta da Gendebien-Hill. E la sesta vittoria della Casa di Maranello nella prestigiosa gara d’Oltralpe. Gendebien si porta in testa durante il secondo giro: da quel momento la Ferrari numero sei guiderà la corsa fino alla fine. Durante il suo turno di guida Phil Hill riuscirà anche a stabilire il record sul giro, coprendo i tredici chilometri e mezzo del tracciato in 3’57 “3/10 alla media di 204,202 km/h. Gendebien-Hill durante le 24 ore di gara percorrono 4451,255 km alla media di 185,469 km/h staccando il secondo equipaggio classificato, Noblet-Guichet su Ferrari “250 GTO” privata, di quasi 80 km. La vettura della coppia ferrarista è l’ultima evoluzione della gloriosa “Testa Rossa”. Monta un motore su cui Enzo Ferrari punta molto, il 4 litri “tipo 209”, e la vittoria in terra di Francia procura al Commendatore una grande soddisfazione: ecco il motore che ci vuole.

In quel periodo Ferrari ha molti pensieri per la testa. In America, laggiù dove, grazie anche all’opera del dinamico Luigi Chinetti, le vetture del Cavallino vanno fortissimo, si sta cominciando a parlare con una certa frequenza di norme antinquinamento. Sono a! momento soltanto parole e bisognerà attendere fino al 1968 perché vengano presi i primi provvedimenti concreti. Ma è meglio guardare avanti. Il Commendatore, che, oltre a essere un “agitatore di uomini e di idee”, è uno che di motori se ne intende, sa perfettamente che i sistemi di controllo delle emissioni soffocherebbero le prestazioni dei suoi sofisticati gioielli. E non può certo permettere che le sue automobili perdano smalto in un mercato estremamente importante come quello americano. L’unica soluzione è quella di fare motori più grossi, più potenti.

Anche perché, guardandosi intorno, Ferrari si accorge che i concorrenti più diretti come l’Aston Martin e la Maserati stanno tutti “tentando” l’esigente clientela amante delle vetture ad alte prestazione con potenti vetture 4 litri a doppio albero a camme in testa.
E dunque venuto il momento di dare un bel colpo di maglio al mercato delle vetture stradali. Adesso il motore adatto c’è.

 

LA PRIMA VOLTA

Maranello, 11 gennaio 1964. E la data dell’annuale conferenza stampa di Ferrari. Quasi sicuramente la maggior parte dei circa duecento giornalisti ammessi al sempre atteso appuntamento alla corte del Commendatore è lì per scoprire la nuova Formula 1 con motore 12 cilindri contrapposti, 1,5 litri di cilindrata a iniezione elettronica Lucas. Ma Enzo Ferrari ha altre cose più importanti da mostrare e il momento clou della conferenza è quello della presentazione del nuovo modello stradale. Si chiama “330 GT 2 +2” e adotta il 4 litri tipo 209. La granturismo 330 si affianca alle altre vetture in produzione in quel momento:
la “250 GT 2 +2”, la “250 GT Berlinetta” e la “250 Le Mans” (la produzione della 250 GT 2+2 verrà perô interrotta dopo pochi mesi). Sempre durante la conferenza, Ferrari svela che è in fase di sviluppo un altro modello stradale di grossa cilindrata, prodotto in pochissimi esemplari (la “500 Superfast” che verrà presentata al Salone di Ginevra dello stesso anno).
 


 
“L’ALTRA
FACCIA”

Nata net 1964 poco originate
frontale a quattro fari, net 1965 la Ferrari 330 GT2+2 subì alcuni ritocchi estetici che riguardarono soprattutto la tanto discussa parte anteriore.
I proiettori divennero due soltanto e net complesso il “muso” assunse una fisionomia
più in linea con la tradizione
stilistica delle vetture di Maranello.
I ‘esemplare protagonista di questo se,vizio è del 1967.
 
LA CODA
DELLA DISCORDIA

Anche la coda della 330, sporgente e tondeggiante, at momento della presentazione della vettura, lasciò perplesso più di un ‘ferrarista’.
Ma, alla fine, il tempo diede ragione all’ennesima intuizione
di Pininfarina: la 330 GT 2+2 riuscì presto a imporsi at gusto del pubblico.
Ne vennero prodotti 1085 esemplari.

 

La 330 GT presentata ai giornalisti è di colore bianco ed è un esemplare di pre-serie; ma al momento della conferenza la nuova GT e già in produzione. Del resto, perché perdere altro tempo? Tutti gli esperimenti di “portare su strada” il motore 4 litri sono già stati fatti in precedenza, a cominciare dall’inverno 1959, quando é nata la “400 Superamerica” speciale realizzata appositamente per Giovanni Agnelli (telaio n. 1517 SA) e apparsa in pubblico a! Salone di Torino di quello stesso anno. Il 4 litri e poi passato sulla 250 GT 2+2 dando vita alla “330 America”. Questa vettura, identica al coupé 2 + 2, ha una vita estremamente breve e viene prodotta in una cinquantina di esemplari. Alcuni di essi si distinguono esternamente per la presenza della scritta America ml cofano posteriore.
 


 

OPTIONAL
LE BORRANI

Un particolare del gallettone di fissaggio
delle mote. Sulla 330
“seconda serie” le mote a raggi Borrani
erano disponibili come optional.
In alto, le vista laterale evidenzia
la linea sobria ed estremamente pulita della 2+2 di Maranello.

La 330 GT 2+2, più che il colpo d’artista, é dunque il risultato di una costante evoluzione, ma al momento della sua presentazione risulta comunque una Ferrari nuova.

A cominciare proprio dal motore. In effetti il 4 litri tipo 209 della 330 GT oltre alla cilindrata ha ben poco in comune con quello della 400 Superamerica (tipo 163). Quando infatti, alla fine degli anni Cinquanta, Ferrari si era deciso ad avviare il progetto 4 litri, si erano presentate due possibilità: lavorare sulla base del motore a blocco lungo di Aurelio Lampredi o sviluppare ulteriormente il più compatto e leggero gruppo nato nel 1946 da Gioachino Colombo. Il glorioso propulsore di Colombo viene preferito, anche perché su di esso si erano già spese molte e molte ore di ricerca e il 12 cilindri a V di 60° non aveva più segreti per il reparto progettazione.

Il lavoro inizia nel 1959. Vengono aumentate le dimensioni del blocco motore che è così in grado di ospitare un albero con raggio di manovella più lungo. La corsa sale a 71 mm e viene abbinata a un alesaggio di 77 mm (il massimo ottenibile ml motore di Colombo). La cilindrata risulta così di 3967,4 cm3. Nasce in questo modo il tipo 163. Un buon motore complessivamente, ma si può fare di meglio. Il 4 litri prima generazione infatti, se non denuncia particolari anomalie nell’uso stradale, quando viene impiegato in condizioni pin severe durante le competizioni manifesta una certa tendenza a surriscaldarsi. Ci Si deve lavorare ancora sopra.

Si ricorre allora a un blocco più lungo che permette di portare la di- Stanza fra gli assi dei cilindri da 90 a 94 mm. In questo modo il liquido refrigerante circola meglio e i problemi di surriscaldamento Spariscono. Per il resto tutto rimane uguale e soltanto un occhio superesperto e in grado di riconoscere questa evoluzione (denominata ufficialmente tipo 209) dal tipo 163, da cui si differenzia esternamente per la presenza di una nuova pompa dell’acqua, comandata ora da una cinghia che ha richiesto l’adozione di un nuovo carter anteriore, e per la presenza di un alternatore di 40 Ah che ha rimpiazzato la vecchia dinamo.

ABITACOLO
INFUOCATO

Qui accanto,
a sinistra,
particolare
del deflettore
anteriore; a destra,
particolare di uno
dei deflettori
posteriori apribili a compasso. I‘areazione dell’abitacolo non era sufficiente a limitare
i disagi provocati dal calore proveniente
del vano motore.
Dal 1965 pertanto
la 330, a richiesta,
poteva essere dotata
di condizionatore.

Per la 330 GT, la Ferrari dichiara una potenza di 300 CV a 6600 giri/ mm. Il rapporto di compressione è di 8,8:1 e l’alimentazione è assicurata da 3 carburatori invertiti doppio corpo Weber 40 DFI. Gli organi di trasmissione, sostanzialmente identici a quelli della 250, sono stati abbondantemente rinforzati per reggere all’aumento di potenza. Il cambio a quattro rapporti con overdrive Laycock sulla quarta è stato modificato: l’overdrive si disinserisce automaticamente passando a un rapporto inferiore.
Il telaio mantiene la tradizionale architettura di tubi a sezione ovale saldati elettricamente con quattro attacchi per il motore. Il passo perô è pii lungo di 50 mm rispetto a quello della 250 GT 2+2 e a quello dell’ultima versione della 400 Superamerica. La sospensione anteriore è a ruote indipendenti con trapezi, molle elicoidali e barra stabilizzatrice, quella posteriore ad assale rigido con balestre semiellittiche, bracci longitudinali e molle elicoidali. Gli ammortizzatori sono Koni regolabili. I freni, a disco sulle quattro ruote, sono Dunlop, con una più efficace protezione contro la pioggia. Il circuito anteriore e quello posteriore sono indipendenti, ciascuno con il proprio servofreno a depressione.
Stilisticamente, la 330 GT 2+2 è una Ferrari di rottura che ha perduto buona parte del carattere felino e aggressivo tipico delle Ferrari di Pininfarina per vestirsi di panni più sobri, più borghesi, che non mancano di stupire lo stesso Sergio Scaglietti, che, dopo aver visto il disegno della 330, dice: «Siamo tutti terrorizzati ogni volta che Pininfarina ci presenta un nuovo disegno, perché ogni volta abbiamo l’impressione che il pubblico non potrà mai apprezzarlo. Pro getti ben più arditi e innovativi una volta realizzati si sono rivelati già vecchi. E invece è sempre la stessa storia: Pin infarina ha la straordinaria capacità di capire e interpretare i gusti del pubblico. Così accadrà anche per la 330: fra qualche mese se ne avrà la conferma.»
L’ottimismo di Scaglietti non trova perô conforto nel giudizio dei più “caldi” appassionati ferraristi che sembrano non gradire molto l’adozione dei quattro fan anteriori (giudicata come una troppo facile concessione al gusto estetico del momento) e la coda di forma tondeggiante.

 

LA 330 E LE ALTRE

Ancora una volta il Commendatore aveva visto giusto. Nonostante l’aspetto così poco Ferrari che aveva suscitato all’inizio non poche perplessità, la 330 GT 2+2 si rivelô praticamente da subito una vettura di successo. La .sua “carriera” non fu lunghissima, ma tre anni (dal 1964 al 1967) furono sufficienti per far superare alla Casa di Maranello la soglia dei mille esemplari prodotti.
Ancora alcuni mesi prima di essere ritirata e sostituita dalla “365 GT 2 +2”, la 330 commercialmente teneva bene. E si che la concorrenza degli altri costruttori in questo segmento di mercato in quel periodo era tutt’altro che trascurabile.
La vicina di casa, l’eterna rivale Lamborghini, aveva presentato al Salone di Ginevra del 1966 la “400 GT”, accreditata di 370 CV e di una velocità di punta di 260 km/h. La granturismo di S. Agata, con carrozzeria 2+2 realizzata da Touring, aveva un prezzo di listino di 6 milioni e 350 mila lire, costava cioè 150 mila lire meno della 330.
L’altra più diretta concorrente italiana, la Maserati, per opporsi alla granturismo di Maranello aveva in catalogo la “3700 GTI Sebring”. Al prezzo di 5 milioni e 850 mila lire, la Casa del Tridente offriva una elegante sportiva disegnata da Vignale con cilindrata di 3694 cm³, capace di sviluppare 245 CV. La velocità massima della Sebring era di 250 km/h. Fra le marche Straniere la Jaguar proponeva la “E type”: 6 cilindri in linea, 4235 cm³ , 269 CV e 240 km/h di velocità massima, il tutto al prezzo di 5 milioni e 600 mila lire.
Quasi il doppio del denaro era invece necessario per acquistare la Aston Martin “DB6” (6 cilindri in linea, 3995 cm³, 286 CV, 245 km/h) che, presentata nell’ottobre dell’anno precedente, nel 1966 in Italia costava appunto 10 milioni e 500 mila lire.

DEBUTTO IN PUBBLICO


La 330 viene rivelata al grande pubblico per la prima volta in occasione del Salone internazionale dell’automobile di Ginevra, svoltosi dal 12 al 22 marzo 1964. In quell’occasione la Pininfarina diffonde un comunicato stampa che descrive in dettaglio la nuova GT di Maranello.
«(...) Il profilo di questa vettura è stato particolarmente studiato, sia nella linea generale che nei dettagli, avvalendosi del risultati delle prove aerodinamiche eseguite nella galleria del vento del Politecnico di Torino. La parte anteriore, pur conservando la classica maschera Ferrari è di nuovo disegno, filante e aerodinamico. Tutta la superficie del cofano, sino al raccordo con la calandra, presenta la linea deportante tipica delle vetture Ferrari-Pininfarina.
«I gruppi ottici anteriori
— Si legge nel comunicato — sono composti da due coppie di fari a diametro diverso; quelli di maggior diametro funzionano da anabbaglianti e tutti e quattro insieme come proiettori di profondità. Essi sono incassati all’estremità del parafanghi e, racchiusi in un ‘unica cornice cromata, presentano un motivo stilistico originale. In particolare, tale sistemazione consente una visibilità notturna eccezionale, che risponde pienamente alle esigenze imposte dalle altissime prestazioni della vettura.»
«La fiancata, leggera e filante
— aggiunge ancora la Pininfarina — presenta un caratteristico motivo a diedro che mette in risalto la linea di cintura e ne sottolinea il profilo. Le maniglie della porta sono incassate ne/la carrozzeria al fine di evitare ogni sporgenza pericolosa. Il padiglione, sottile e slanciato, e a luminosità quasi totale, si raccorda morbidamente con la parte posteriore. La coda presenta, a sua volta, un diedro leggermente più pronunciato ne/la parte posteriore, che facilita la manovra di apertura del baule. Quest’ultimo, di dimensioni notevoli, offre un ampio spazio per la sistemazione del bagagli. I gruppi ottici posteriori di disegno orizzontale, sono alloggiati all’estremità della coda, completamente incassati ne/la carrozzeria e convenientemente protetti dai paraurti avvolgenti (...).»

 


 

Il comunicato prosegue poi con la descrizione degli interni.
«La plancia portastrumenti rivestita in pelle e imbottita con gommapiuma ne/la parte superiore e inferiore, offre una razionale disposizione degli apparecchi, del cassetto ripostiglio e dei vari comandi. Gli strumenti di bordo, di disegno nuovo e originale, sono perfettamente visibili al pilota e ogni riflesso fastidioso per la guida è stato evitato, Notevole l’impianto di aerazione interna che permette di convogliare e di distribuire nell’interno della vettura aria calda e fredda a portata regolabile, per mezzo di due prese d’aria sistemate anteriormente. Un’ulteriore presa d’aria al/a base del parabrezza consente di immettere aria fresca nell’abitacolo attraverso due bocchette interne a portata e direzione regolabili.»
«Le portiere
— continua la descrizione — presentano, all’interno, 11 congegno di apertura completamente incassato e un appoggiabraccia con maniglia d’appiglio incorporata, imbottita e di nuovo disegno. Esse sono altresì dotate di una spia luminosa che si accende al/’atto della loro apertura. La parte interna del padiglione è stata realizzata con un rivestimento imbottito — di elegante disegno a coste longitudinali — che consente un ottimo isolamento, sia termico che acustico e sottrae pochissimo spazio all’abitabilità interna. Esso è stato realizzato senza l’impiego di centine metalliche di sostegno, eliminando così questa fonte di pericolo in caso d’urto.»
«Come indica la denominazione “Coupé 2 + 2”
— conclude la Pininfarina — la vettura è dotata di due sedili anteriori, molto comodi e avvolgenti, con schienali regolabili. Posteriormente sono sistemati altri due posti con al centro un appoggiabraccia provvisto di posacenere.»
 

SOSPESA
DAL ‘65

Qui accanto,
l pedaliera sospesa
caratteristica delle 330
post-’65. In alto,
la plancia
portastrumenti
era caratterizzata
da una completa sane
di indicatori
di nuovo disegno.

 

COMODI
ANCHE DIETRO

I due sedili posteriori, separati da
un bracciolo, munito di
portacenere, assicuravano
un buon comfort anche a passeggeri di elevata statura.
 

 

 

Le reazioni della stampa specializzata all’apparire della nuova granturismo Ferrari sono quasi tutte concordi: sul motore niente da dire, ma quella carrozzeria è così poco Ferrari... L’autorevole Gregor Grant del settimanale inglese Autosport, dopo aver provato la 330 messagli a disposizione da Ronnie Hoare, il famoso importatore e distributore delle vetture di Maranello nel Regno Unito, scrive che nonostante ogni centimetro della carrozzeria riveli 11 genio di Battista Pininfarina si sarebbe aspettato un po’ più di originalità nella realizzazione della parte anteriore e della coda che risulta un po’ rozza.
 

POCO APPREZZATA IN SCALA

In un momento favorevole per la produzione di automodelli, con svariate marche italiane ed estere in piena attività, la classica ed elegante livrea firmata Pininfarina della 330 GT 2+2 venne praticamente snobbata.
Solo la francese A.M.R., infatti, annovera una riproduzione speciale in scala 1/43, della vettura in versione monofaro.
La carrozzeria, dalla verniciatura impeccabile, e di colore bianco. Il grado di verniciatura è ottimo, cosi come la fanaleria della vettura compresi i ripetitori laterali. Le portiere, anche se non apribili, so- no dotate di maniglie e hanno i deflettori e tutte le cornici dei vetri dipinti in grigio; quella sinistra e anche munita di specchietto retrovisore, una fedele riproduzione del Vitaloni che veniva fornito a richiesta dalla Casa. Gli interni, di colore rosso, sono di ottima fattura e comprendono, tra l’altro, il volante in legno, lo specchietto retrovisore, il pomello del cambio e la strumentazione ottenuta con l’uso di decalcomanie.
Si tratta insomma di una riproduzione della 330 GT 2+2 di notevole livello che oggi ha un alto valore collezionistico; un modello che non può mancare in una galleria tematica sulla produzione della Casa del Cavallino rampante.

 

COPPIA
VINCENTE

Sopra, un particolare del cielo dell’abitacolo realizzato, senza centine metalliche di sostegno, in materiale imbottito a coste longitudinali. Qui accanto, sul portacenere anteriore, due bandierine incrociate con i marchi Ferrari e Pininfarina.

SPAZIO PER I “LUNGHI”

«Comunque — aggiunge Grant nel suo articolo pubblicato sul numero del 28 agosto 1964 — questa specie di berlina (che vera berlina non e) sarà particolarmente apprezzata da un particolare tipo di cliente: il ricco padre di famiglia che ogni tanto ha occasione di dare un passaggio a qualcuno. E lo spazio a disposizione non è solo adatto a pigmei dalle gambe corte: sulla 330 GT 2+2 quattro adulti viaggiano in tutto comfort.»

A John Rhodes di Automobile Quarterly quei due posti in più dietro non vanno proprio giù. Il giornalista americano ha visto la 330 all’International Automobile Show svoltosi al Coliseum di New York dal 4 al 12 aprile 1964 e ha notato che «l’ultimo prodotto della Casa di Maranello ha un look molto americaneggiante. Questo sicuramente — aggiunge Rhodes — non perché il grande Pininfarina si sia messo a scopiazzare dagli stilisti di Detroit. Sembra piuttosto che sia accaduto il contrario e cioè che, grazie al continuo e costante prendere a prestito dall’italian style, i prodotti americani si stiano avvicinando sempre più all’originale stilistico a cui si ispirano.»
Il giornalista di Automobile Quarterly prosegue poi il suo pezzo con la descrizione tecnica della vettura a cui fa seguire questa considerazione: «La Ferrari 330 GT verrà messa in vendita al prezzo di 14 mila dollari (...). A coloro i quali credono che per questa cifra una vettura dovrebbe essere un po’ meno anonima, che dovrebbe “apparire” diversa dalle altre, possiamo solo dire che è invece più importante che una macchina “sia” diversa dalle altre. E la 330 è davvero una macchina diversa.»
«Se devo proprio fare una critica — conclude Rhodes — questa è legata al fatto che nessuna GT che si rispetti può avere posto per più di un passeggero e quel passeggero deve essere seduto accanto al guidatore. Questa nuova Ferrari, oltre ai sedili ribaltabili anteriori, ha anche due comodi e spaziosi sedili posteriori separati da un bracciolo. Credo che si tratti di una concessione di Pininfarina al mercato americano. In Europa, in/atti, una GT è l’auto con cui fuggire a Santa Margherita o a Rapallo per un romantico fine settimana con la propria innamorata. In America invece una GT è la vettura adatta per affrontare con moglie e figli un viaggio turistico-culturale a Williamsburg, Washington e Gettysburg.»
Comunque, nonostante tutte le critiche, alla fine il tempo darà ragione a Scaglietti: avrà anche un’aria un po’ dimessa per essere una Ferrari, ma la 330 piace così com’è, con i quattro fari anteriori, la coda “sgraziata”, e i due posti posteriori.
A metà del 1965 Ferrari scende comunque a patti con il gusto dei ferraristi e la 330 viene “rivisitata”. La nuova versione ha un frontale pi pulito da cui sono scomparsi i tanto discussi fan doppi, le bocchette di ventilazione del motore sono di nuovo disegno e le ruote a raggi Borrani (che continuano a essere disponibili come optional) lasciano il posto ai più moderni cerchi stampati in fusione di lega leggera. Dal punto di vista meccanico la 330 post-’65 abbandona il quattro marce più overdrive a beneficio di un nuovo cambio a cinque marce sincronizzate. Fra gli optional vengono aggiunti il servosterzo e il condizionatone.
Qualche tempo dopo, la 330 GT 2+2 subirà un’altra importante modifica all’attacco del motore al telaio che sarà in due punti invece di quattro. Questo ridurrà in maniera sensibile il rumore delle vibrazioni all’interno dell’abitacolo e il nuovo disegno dell’esterno del blocco motore renderà possibile l’adozione di una pedaliera sospesa. La produzione della 330 GT 2 + 2 viene interrotta alla fine del 1967, dopo la presentazione al Salone di Parigi della “365 GT 2+2”.
A quel momento ne sono stati costruiti 1085 esemplari (compresi i 5 di pre-serie) di cui tre, su ordinazione di Luigi Chinetti, sono stati allestiti con altrettante carrozzerie speciali, due a firma di Michelotti e una di Vignale.
 

300 CV ...
ABBONDANTI

Il 12 cilindri a V di 600, 4 litri
di cilindrata
con Un rapporto di compressione
di 8,8:1 era
accreditato
di 300 CV
(ma probabilmente erano di più)
a 6600 gin/mm. L’alimentazione era assicurata
da tre carburatori invertiti
a doppio corpo
Weber 40 DFI.

 

UN CUORE CAMPIONE DEL MONDO

La grande avventura sportiva del motore Ferrari dodici cilindri 4 litri inizia sul circuito di Le Mans nell’aprile del 1962, in occasione della speciale sessione di prove organizzata dall’Acf con la spider 330 sperimentale. Il telaio tubolare di questa macchina (n. 0808) è simile a quello della TRI 61. Ma le novità più interessanti stanno nel propulsore. Accreditato di oltre 390 CV, l’inedito dodici cilindri di Maranello deriva, come blocco, dal 400 SA di Lampredi con alesaggio 77 mm, corsa 71 mm e nuovo albero. Lo stesso motore viene in seguito montato dalla Ferrari su una GTO che partecipa il 27 maggio alla 1000 Chilometri del Nurburgring con Mairesse e Parkes. La macchina in gara giunge brillantemente al secondo posto nella scia della 246 SP del vincitori Hill-Gendebien. Le vetture con motore 330, la TRI 330 LM e la GTO 4 litri, si ritrovano fianco a fianco alla partenza della 24 Ore di Le Mans, affidate agli equipaggi Hill-Gendebien e Parkes-Bandini. La corsa è sfortunata per la berlinetta, che finisce insabbiata alla curva di Mulsanne, mentre la spider vince la gara alla grande, dimostrando le doti di potenza e affidabilità del suo propulsore. Nel 1963 questo motore equipaggia anche la 330 LM, una splendida berlinetta che debutta a Sebring e si classifica quinta assoluta a Le Mans. A causa della concorrenza “in famiglia” della più competitiva “250 P”, lo sviluppo della 330 LM viene abbandonato, ma il suo generoso motore è montato nel 1964 sulle “330 P” che, insieme alle “275 P”, trionfano nel Campionato mondiale Prototipi.

 

CARATTERISTICHE TECNICHE

 

Motore: anteriore, 12 cilindri a V di 60°, raffreddato ad acqua.

Alesaggio e corsa: 77X71 mm.

Cilindrata: 3967 cm³.

Rapporto di compressione: 8,8:1.

Potenza: 300 CV a 6600 giri/mm.

Distribuzione: due valvole in testa per cilindro comandate da due alberi a camme in testa, azionati da una catena.

Alimentazione: 3 carburatori invertiti doppio corpo Weber 40 DF1. Filtro aria a secco. Una pompa carburante meccanica e una elettrica.

Impianto elettrico: 12V, alternatore, batteria 60 Ah.

Frizione: monodisco a secco.

Cambio: 4 marce + RM con overdrive Laycock sulla IV. (Dal 1965, 5 marce + RM).

Trasmissione: ad albero.

FERRARI 330 GT 2+2

 

Sospensioni anteriori: a ruote indipendenti, trapezi, molle elicoidali, barra stabilizzatrice. Ammortizzatori idraulici telescopici regolabili.

Sospensioni posteriori: ad assale rigido, balestre semiellittiche, bracci longitudinali, molle elicoidali. Ammortizzatori idraulici telescopici regolabili.

Freni: a disco sulle quattro ruote con due servofreni a depressione. Comando idraulico con doppio circuito. Freno a mano sulle ruote posteriori.

Passo: 2650 mm.

Carreggiate: ant. 1400 mm; post. 1390 mm.

Lunghezza: 4840 mm.

Larghezza: 1710 mm.

Altezza: 1360 mm.

Peso a secco: 1380 kg.

Velocità massima: 245 km/h.

Prezzo: 6.500.000 lire.

 

La Manovella e Ruote a Raggi - Anno XXX - N. 3, Maggio-Giugno 1990